In occasione dell’apertura della sua prima boutique parigina, Reformation collabora con Camille Rowe per una capsule collection in cui l’eleganza je ne sais pas quoi francese incontra lo stile californiano.
Reformation, fondata a Los Angeles nel 2009 da Yael Aflalo, nasce da un’idea semplice: dimostrare che si possono creare abiti di tendenza senza compromettere il pianeta. Dopo Londra, il marchio si prepara a inaugurare la sua prima boutique parigina, molto probabilmente nel Marais. Per celebrare questo debutto attesissimo, Reformation collabora di nuovo con Camille Rowe, modella franco-americana e musa di lunga data della Maison. Una collaborazione evidente, destinata a unire la West Coast americana con l’eclettico chic parigino.
Une collaborazione sofisticata
Non è la prima volta che Camille Rowe e Reformation collaborano. Dopo un primo successo, la modella e la Maison immaginano una seconda capsule all’insegna della fluidità e della femminilità delicata, pensata per ogni momento della giornata, con abiti abiti con schiena scoperta, camicie trasparenti e tailleur su misura.



Ogni capo riflette il gusto di Camille per i contrasti: un’eleganza senza tempo ma disinvolta, in cui la sofisticatezza imperfetta parisienne incontra la disinvoltura californiana. Un equilibrio che rispecchia perfettamente la vita della modella, divisa tra Los Angeles e Parigi.
Fedele ai propri valori, Reformation ha realizzato questa capsule con materiali responsabili di alta qualità: seta certificata, cachemire riciclato e viscosa proveniente da fibre rinnovabili. Venti creazioni in edizione limitata, dalla XS alla XL, disponibili anche nelle taglie Piccola e Grande, per un’eleganza inclusiva che veste ogni silhouette.
La collezione sarà disponibile dal 20 ottobre, online e in tutte le boutique Reformation.
Un marchio che promuove la transparenza
«Ne rien porter est la chose la plus durable. Nous sommes la deuxième».
Questo slogan riassume tutta la filosofia di Reformation: coniugare tendenza e responsabilità. Da sempre, Reformation ha posto la trasparenza al centro della propria filosofia. Ogni capo venduto sul suo sito è accompagnato da una scheda che ne indica l’impatto ambientale, dalle emissioni di CO₂ al consumo d’acqua. Un approccio pionieristico che ha ispirato un’intera generazione di marchi più consapevoli.

Nel concreto, Reformation privilegia materiali naturali, riciclati o a basso impatto ambientale. Il Tencel, fibra emblematica della Maison, nasce dalla cellulosa di foreste di eucalipto gestite in modo sostenibile. Accanto a lui, cotone rigenerato, lana riciclata e cachemire riutilizzato contribuiscono a ridurre in modo significativo la dipendenza dalle risorse vergini.
“Il Tencel richiede l’80% in meno di acqua rispetto al cotone tradizionale”
Il marchio adotta anche una logica circolare: riutilizza gli invenduti, reinventa i suoi capi vintage e, per i tessuti più sensibili, come la seta e la pelle, usa solo versioni certificate, come quelle con marchio OEKO-TEX, prive di sostanze chimiche nocive. Un approccio esigente, che punta a conciliare stile, qualità e responsabilità.



La trasparenza riguarda non solo i materiali, ma anche la catena di produzione. Reformation pubblica la localizzazione delle sue fabbriche, per lo più situate a Los Angeles, dove le condizioni di lavoro sono rigorosamente controllate. Ogni anno diffonde un report di sostenibilità con i progressi raggiunti e nuovi obiettivi, come la neutralità carbonica ottenuta già nel 2015 o l’ambizione di creare una filiera totalmente circolare entro il 2030.
Insomma, Reformation non si limita a promuovere una moda più pulita: dimostra che essere alla moda e sostenibili non sono concetti incompatibili.
Reformation, grande appassionata di collaborazioni
Reformation continua a espandere il proprio universo attraverso collaborazioni mirate. Quest’estate ha firmato una capsule di occhiali eco-responsabili con Jimmy Fairly e ha lavorato con personalità come Devon Lee Carlson e Nara Smith.
Sempre un passo avanti, oggi Reformation si impone come punto di incontro tra tendenza e consapevolezza ambientale.
Articolo di Julie Boone.







