Perché Pucci è di nuovo sotto i riflettori del mondo della moda

Ott 21, 2025 | Brands, Culture, Fashion, Style

Tra colori vivaci, stampe ipnotiche e spirito dolce vita, Pucci punta su un massimalismo elegante e segna un ritorno in grande stile. Con Camille Miceli alla direzione creativa, la Maison italiana rinasce senza rinnegare il proprio DNA, portando una ventata di modernità mentre rispolvera i suoi archivi. Pucci incarna oggi più che mai una moda gioiosa, vibrante e profondamente libera — una boccata d’aria fresca in un panorama dominato da tonalità neutre e linee troppo rigide.

Una casa di moda storica nata per brillare

Fondata nel 1947, la storia di Pucci è indissolubilmente legata al suo fondatore, il principe del glamour italiano Emilio Pucci. Discendente di un’antica famiglia aristocratica, anche noto come il marchese, fu il primo della sua stirpe a intraprendere una carriera professionale… quasi per caso.

Tutto comincia sulle piste da sci: appassionato di sport invernali, grande sciatore, disegna tute per la squadra olimpica italiana. Ma è un’amica, vestita con una sua creazione, ad attirare l’attenzione di un fotografo di Harper’s Bazaar. Il direttore del magazine gli commissiona una serie di abiti e accessori per un editoriale. E da lì, la macchina Pucci si mette in moto.

Dal 1950 Emilio si dedica interamente alla moda e apre la sua prima boutique a Capri. È lui stesso a coniare il termine pantacourt. Rapidamente soprannominato il principe delle stampe, dà vita a un universo psichedelico, pop e ultra-grafico, immediatamente riconoscibile. I suoi capi diventano il simbolo della jet set degli anni Sessanta e Settanta: da Marilyn Monroe a Jackie Kennedy, tutte cedono al fascino della sua estetica frizzante e solare, intrisa di dolce vita.

Camille Miceli e la rinascita contemporanea

Dopo l’acquisizione della Maison da parte di LVMH, si apre un nuovo capitolo per Pucci. Dal 2021, alla direzione artistica c’è Camille Miceli. Franco-italiana, passata per Dior e Louis Vuitton, ha lavorato a lungo nel mondo degli accessori prima di firmare qui la sua prima direzione creativa completa. Il suo obiettivo? Creare abiti per le donne, con un approccio autentico, pensato per le donne di oggi.

Fin dal suo arrivo, Camille riprende gli archivi della Maison, ne recupera stampe, tessuti e colori, ma ne reinterpreta le forme: lo stile Pucci degli anni 2020 resta fedele alla visione del suo fondatore, pur adattandosi perfettamente alla nostra epoca. Il ritorno del Capri, il mitico pantalone corto, aderente e spesso a vita alta – protagonista dell’estate e destinato a restare anche per la mezza stagione – è la prova che questi capi del passato hanno tutto il loro perché anche nel presente.

Camille Miceli rinnova anche il modo di presentare il marchio: sfilate a Portofino, collaborazioni con content creator influenti come Maïna Suarez, MV Tiangue e Carla Ginola in Francia. A livello internazionale, Pucci ha persino firmato un outfit su misura per Hailey Bieber in occasione del lancio del Club Rhode a Palma di Maiorca.

Viva il massimalismo!

In un’epoca in cui la tendenza è il minimalismo — toni neutri, linee pulite, silhouette discrete — i colori e le stampe vivaci di Pucci irrompono come una scarica di energia. Laddove altri scelgono la sobrietà, la storica casa di moda italiana rivendica movimento, libertà e una gioia di vivere senza filtri.

Da Pucci, la tradizione non si esprime attraverso il minimalismo, ma attraverso un’esuberanza gioiosa. L’eredità della Maison è esplosiva: fatta di motivi psichedelici e colori saturi. Un patrimonio che ne ha fatto il simbolo della cultura del jet-set degli anni Sessanta e Settanta, quando la moda era, prima di tutto, un linguaggio di emancipazione.

All’epoca, l’uso intenso del colore aveva un significato ben preciso: era sinonimo di emancipazione, di rifiuto delle regole, di anticonformismo. Quelle tonalità pop erano un grido visivo, un atto di ribellione e un modo per affermare la propria identità. In un mondo che oggi sembra tendere all’uniformità, indossare Pucci non equivale forse a riprendersi il potere di essere sé stessi?

Articolo di Julie Boone.