Cosa rivela il ritorno del “bumster” sulla moda femminile attuale?

Ott 12, 2025 | Brands, Fashion, Style

I bumster tornano di moda. I pantaloni più sfrontati degli anni ‘90 e 2000 tornano in passerella grazie a Sean McGirr per Alexander McQueen. Un revival nostalgico e strategico, che arriva al momento giusto per rilanciare la maison britannica.

L’eredità McQueen rimessa in gioco

A due anni dalla sua nomina come direttore artistico di McQueen, Sean McGirr continua a reinterpretare l’eredità del marchio e per questa Primavera-Estate 2026, rispolvera un capo iconico: il “bumster”, i pantaloni a vita bassa creati dal compianto Alexander McQueen nel 1993.

All’epoca, l’enfant terrible della moda cercava di ridisegnare la silhouette: mostrare l’attaccatura dei glutei, allungare il busto, sovvertire le regole estetiche. Un capo radicale, aderente al corpo come una seconda pelle, diventato un cult della moda anni ‘90 e Duemila. Sarah Burton lo aveva già riportato in passerella nel 2023, prima di lasciare la Maison per approdare da Givenchy. Oggi, è McGirr a riportare il bumster sotto i riflettori.

Una scelta tutt’altro che casuale: il gruppo Kering, proprietario del marchio, sta attraversando un periodo delicato, tra risultati in calo, riorganizzazioni strategiche e un turnover incessante ai vertici creativi. In questo contesto, il ritorno alle origini di McQueen prende tutto il suo senso: una scelta strategica per ancorarsi al passato e rilanciare il futuro.

Ma questo tuffo negli archivi sarà sufficiente a consacrare Sean McGirr come degno erede di McQueen?

La rinascita di una sensualità sfrontata

A differenza delle stagioni precedenti, la collezione Primavera-Estate 2026 di Sean McGirr è interamente dedicata al corpo femminile. E il bumster ne è il filo conduttore. Ripensato in versione pantalone sartoriale, minigonna o short, funge da base di un guardaroba ibrido, a metà tra il tailoring classico e lo spirito grunge.

Ma la sensualità non si riflette più nei corpi filiformi alla Kate Moss o alla Alexa Chung dei primi Y2K. Se il punto vita scende, le curve vengono valorizzate e non nascoste. McGirr lavora sulle forme invece di provare a cancellarle, giocando con gonne portate basse sui fianchi e tasche laterali che ridisegnano la linea del bacino.

Oltre l’aspetto estetico, le tasche diventano simbolo di una sensualità consapevole, capace di conciliare il lato sexy con l’aspetto pratico; come se stessero lì per gridare che il corpo può essere mostrato senza essere vulnerabile, e che il vestito non è solo uno strumento di attrazione.

Il tutto si inserisce in un’estetica indie sleaze, dove i codici Y2K vengono ripensati in chiave ironica: eyeliner che cola, giacche da ufficiale portate sulla pelle nuda, atteggiamento disinvolto e un po’ insolente. Una femminilità libera, sfrontata, che se ne infischia delle convenzioni.

L’ultra sexy assunto ma ancora sessualizzato

Altro revival di questa sfilata: il tanga alto, che spunta sopra la vita bassa dei pantaloni. Un gesto provocatorio che ci catapulta nel pieno dell’iper-sessualizzazione dell’estetica YK2 e la moda delle minigonne poco più larghe di una cintura, sulla scia delle proposte più recenti di Diesel.

Una tendenza che riguarda esclusivamente i corpi femminili. Nessuna silhouette maschile viene a sfumare i bilanciare questo ritorno dichiarato di eccessiva femminilità e sessualizzazione dell’abito. In una stagione in cui inclusività, parità e libertà sono protagoniste quanto gli abiti stessi, ciò che colpisce è proprio il fatto che questa estetica si applichi solo ai corpi femminili. Pur evocando simboli di liberazione corporale, McGirr resta intrappolato in una visione ancora fortemente di genere di ciò che può essere considerato sexy. Il corpo femminile continua ad essere l’unico terreno di provocazione.

Basta guardare Anthony Vaccarello, direttore artistico di Saint Laurent: la sua riflessione sui codici sta su un altro pianeta. Facendo sfilare uomini in stivali cuissardes, sovverte realmente le dinamiche di desiderio e di potere. Dove McGirr seduce, Vaccarello spiazza.

Con il ritorno del bumster, Sean McGirr firma una collezione che funziona sotto molti aspetti: fedele alle origini del marchio, in linea con le tendenze del momento, tecnicamente curata. Una proposta che funziona sulla carta, ma che nei fatti manca ancora di audacia. Concentrando tutto sul corpo femminile — solo in parte rivendicato e ancora troppo sessualizzato — McGirr rievoca le provocazioni del passato senza riuscire davvero a rinnovarle.

Articolo di Julie Boone.