L’estate si ritira lentamente, ma non è ancora tempo di fare il cambio di stagione. Grazie al layering — termine inglese che significa “stratificazione” — possiamo continuare a goderci il guardaroba estivo anche in autunno. Ecco una guida pratica per adottare questa tendenza, a metà strada tra stile Y2K e meteo capriccioso.
Layering: da necessità a linguaggio sociale
Oggi si chiama layering ed è entrato nel glossario della moda internazionale, ma prima che entrasse nell’universo fashion, l’arte del vestirsi a strati era comunemente conosciuta come “vestirsi a cipolla” e rispondeva a una necessità piuttosto primaria: coprirsi a strati per sopravvivere all’inverno. Le nostre nonne stavano avanti. Perché quando ci si vestiva più comunemente a cipolla, prima dei tessuti tecnici e delle fibre termoregolatrici, era la sovrapposizione a trattenere il calore corporeo. Strati, dunque: barriere contro il freddo, ma che si sono trasformati rapidamente in simboli sociali.
Nel corso della storia, soprattutto tra le classi privilegiate, questi strati hanno finito con l’assumere un valore non solo pratico, ma anche simbolico. Per le donne, in particolare, il rito del vestirsi era una messa in scena, con tanto di biancheria, corsetto, abito e soprabito, che spesso richiedevano l’assistenza di altre persone. Un segno di status sociale, certo, ma anche una forma di dipendenza
E naturalmente, essere strette in un corsetto limitava i movimenti, imponeva una certa postura e ostacolava la respirazione. La sovrapposizione diventava così uno strumento di controllo, un codice rigido che rivelava rapporti di potere sul corpo femminile. Ben lontano dalla libertà che associamo oggi al layering.
Prolungare l’estate, strato dopo strato
Oggi le cose sono cambiate e il layering è soprattutto sinonimo di divertimento. Ci permette di indossare più a lungo i nostri capi estivi preferiti. Con l’autunno che inizia a farsi sentire, l’abito sottoveste che prima indossavamo da solo, ora si porta sopra i jeans e sotto un maglione morbido. E appena esce il sole? Si toglie uno strato. Quale? Dipende da voi.



Anche il pareo, l’accessorio leggero che profuma ancora di crema solare, si continua a indossare dopo le vacanze, portato sui fianchi come una gonna o sopra la gonna. Risultato: una silhouette asimmetrica, fluida e strutturata. La content creator Pauline Leroy ne ha fatto la sua firma, giocando con volumi e contrasti senza appesantire il look.
Un’eredità degli anni 2000
Impossibile parlare di layering senza evocare gli anni 2000, quando sovrapporre era la regola. Basti pensare alle icone Disney come Ashley Tisdale, l’indimenticabile Sharpay Evans in High School Musical, che indossava jeans a vita bassa, minigonne con paillettes, t-shirt multiple, accessori vistosi e ballerine colorate. All’epoca, più strati c’erano, meglio era. Le tendenze tornano ciclicamente e questo revival ne è la prova.
Oggi, però, il layering si divide in due approcci distinti. Da un lato c’è chi predilige l’armonia e la coerenza, scegliendo capi timeless in tonalità neutre, senza correre troppi rischi. Dall’altro ci sono coloro che amano giocare con i contrasti, in un’ottica volutamente Y2K, mixando materiali e colori senza paura di osare.



In ogni caso, si parte da una base solida: un capo essenziale — blazer strutturato, pantalone fluido, abito asimmetrico — come base dell’outfit. Il resto è pura creatività: silhouette monocromatiche sofisticate o esplosioni di colori e materiali.
Lungi dall’essere un semplice trucco di mezza stagione per coprirsi con stile: il layering racconta molto delle nostre scelte estetiche. Prima un modo per difendersi dal freddo, poi simbolo di status, oggi è uno strumento narrativo, un simbolo di emancipazione. Sovrapporre oggi significa raccontare una storia: un capo riciclato, un tessuto reinterpretato, un ricordo d’estate nascosto sotto una giacca invernale. Un tempo la nonna raccomandava di “vestirsi a cipolla” per praticità, oggi questo gesto, apparentemente semplice, diventa un modo per sovvertire i codici, giocare con i volumi e rifiutare un’idea di stile statica.
Nella sua versione contemporanea, il layering non serve soltanto a scaldarci. Riflette il nostro rapporto con la moda attuale: molteplice, dinamico, talvolta politico.
Articolo di Julie Boone.